Sono simili a dei segnali, diversi l’uno dall’altro, in grado di distinguere, nell’ampio campo delle malattie neurodegenerative, l’Alzheimer dal Parkinson e dalla demenza frontotemporale (FTD). Segnali che vengono a galla semplicemente facendo un prelievo di sangue. La scoperta, pubblicata su Nature Medicine, arriva da uno studio internazionale coordinato dal Global Neurodegeneration Proteomics Consortium (GNPC), collaborazione pubblico-privata internazionale lanciata nel 2023, che unisce ricercatori per analizzare grandi set di dati proteomici di pazienti affetti da malattie neurodegenerative, al fine di identificare biomarcatori e comprendere meglio le basi biologiche di queste patologie e dell’invecchiamento. In quest’ultimo caso i ricercatori hanno identificato firme proteomiche plasmatiche in grado di distinguere Alzheimer, Parkinson e Demenza fronto-temporale (FTD) appunto attraverso un semplice prelievo di sangue.
Un risultato che, secondo Paolo Maria Rossini, responsabile del modulo Neuromotoria C e direttore del Dipartimento di Neuroscienze e neuroriabilitazione dell’Irccs San Raffaele di Roma “potrebbe rappresentare un ulteriore gradino verso una migliore comprensione della patogenesi di queste malattie neurodegenerative e forse, ma in un futuro difficile da prevedere, verso una loro migliore prevenzione e cura”.
Lo studio internazionale
Gli scienziati sono partiti da un presupposto: “Le malattie neurodegenerative come Alzheimer, Parkinson (MP) e Demenza fronto-temporale, presentano meccanismi patologici distinti ma sovrapposti”. Per questo, utilizzando dati di proteomica plasmatica su larga scala del Global Neurodegeneration Proteomics Consortium, hanno analizzato 10.527 campioni: 1.936 pazienti con Alzheimer, 525 con Parkinson, 163 con demenza frontotemporale, 1.638 con demenza non classificata e 6.265 controlli sani. E utilizzando la tecnologia SomaScan hanno valutato 7.289 proteine plasmatiche.
In seguito a ciò, sono risultate associate alle singole patologie 5.187 proteine per l’Alzheimer, 3.748 per il Parkinson e 2.380 per la FTD. Inoltre, circa 1.000 proteine erano condivise tra tutte e tre le condizioni, indicando meccanismi comuni basati su attivazione immunitaria, metabolismo energetico glicolitico e alterazioni della matrice extracellulare. La sovrapposizione biologica è risultata maggiore tra Parkinson e FTD, minima invece tra Alzheimer e le altre due patologie. E questo suggerisce una specificità biologica più marcata dell’Alzheimer.
I modelli predittivi
Il passo successivo è stato quello di costruire modelli predittivi basati su pannelli multiproteici plasmatici, con un’accuratezza diagnostica (AUC) dello 0,81 per Alzheimer, 0,83 per Parkinson e 0,88 per FTD. “I modelli hanno mostrato elevata capacità di diagnosi differenziale – spiegano i ricercatori –, con prestazioni specifiche per ciascuna patologia e bassa interferenza tra quadri clinici differenti”.
Sul piano patogenetico, ossia riguardo al meccanismo e alle fasi attraverso cui la malattia si sviluppa e progredisce nell’organismo, partendo dalla causa e arrivando ai sintomi, sono così emerse caratteristiche distinte. Sono gli autori stessi a indicarle: “Nell’Alzheimer prevalgono percorsi clinici legati ad apoptosi (processo biologico fondamentale di morte cellulare programmata), infiammazione microgliale e componente vascolare, mentre nel Parkinson risultano coinvolti soprattutto il sistema ubiquitina-proteasoma (principale sistema di degradazione delle proteine nelle cellule eucariotiche, essenziale la regolazione dei processi cellulari) e i meccanismi di degradazione proteica”. Infine, aggiungono i ricercatori, “nella demenza frontotemporale sono evidenti segnali riferibili a vie infiammatorie e disfunzione piastrinica”.
Un nuovo metodo di analisi
Secondo gli scienziati, dunque, “i pannelli proteomici (gruppi selezionati di proteine, ossia biomarcatori, analizzati simultaneamente spesso a migliaia per ottenere informazioni diagnostiche o prognostiche dettagliate su malattie) in prospettiva potrebbero affiancare o integrare gli attuali biomarcatori liquorali e di imaging, offrendo uno strumento ematico non invasivo utile per la diagnosi precoce e differenziale delle demenze, soprattutto in contesti clinici nei quali PET (Tomografia a emissione di positroni) e puntura lombare risultano meno accessibili o ripetibili.
Dati a confronto
Rossini spiega: “Questo studio ha preso in analisi le caratteristiche di proteomica, cioè delle caratteristiche e funzioni delle proteine prodotte da cellule ‘in vivo’. Sono stati esaminati i proteomi di molte migliaia di persone colpite da diverse forme di malattie neurodegenerative, tra cui Parkinson (una malattia soprattutto del movimento, ma non solo), Alzheimer (la forma di demenza più frequente e nota soprattutto per deficit della memoria), Demenza fronto-temporale (una forma di demenza con disturbi del comportamento, del linguaggio ed anche del movimento). Alla fine dello studio, sono stati evidenziati dei pattern di proteomica simili nel Parkison e nella Demenza fronto-temporale”.
“Da un punto di vista clinico la cosa è relativamente nuova perché sintomi simili al Parkinson sono presenti anche nella Demenza fronto-temporale poiché circuiti nervosi provenienti dai lobi frontali possono essere colpiti dai processi neurodegenerativi in entrambi i casi”, prosegue Rossini.
“Un gradino in più per capire queste malattie”
Secondo Rossini dalla ricerca emerge un altro elemento di interesse. “Questa è la conferma di un’ipotesi già in qualche modo presente a tutti i clinici, e cioè che nelle medesime famiglie, attraverso degenerazioni successive, possono convivere malattie neurodegenerative che si esprimono in quadri clinici (fenotipi) diversi come il Parkinson, la Demenza, la Sclerosi laterale amiotrofica – conclude -. Non credo che questo studio cambierà in modo significativo il percorso diagnostico/terapeutico dei malati colpiti da queste terribili malattie, ma potrebbe rappresentare un ulteriore gradino verso una migliore comprensione della loro patogenesi e forse, ma in un futuro difficile da prevedere, in una loro migliore prevenzione e cura”.
Fonte: La Repubblica Salute


