Molti non si chiedono quale impatto abbiano sul nostro organismo cibi pre-trattati e precotti, che sono lavorati, raffinati, insaporiti, ammorbiditi, speziati, colorati e profumati. Questi alimenti, definiti “cibi ultra-processati” (UPF), possono attaccare pesantemente la nostra salute.
Cosa sono i Cibi Ultra-Processati?
Gli UPF sono prodotti commestibili, pronti al consumo o da riscaldare, che derivano da linee industriali e sono realizzati principalmente con ingredienti estratti da alimenti integrali. Spesso contengono sostanze di scarso o nullo utilizzo culinario e/o additivi “cosmetici”. Il loro consumo è in aumento, rappresentando oltre il 50% delle calorie assunte da bambini e adulti, e ciò solleva preoccupazioni per la salute umana.
La classificazione Nova, ampiamente utilizzata negli studi epidemiologici, suddivide gli alimenti in quattro gruppi in base al loro grado di trasformazione industriale:
- Alimenti non trasformati o minimamente lavorati (es. frutta, verdura, latte).
- Ingredienti culinari trasformati (es. zucchero, olio, sale), usati per cucinare.
- Alimenti trasformati (es. formaggi, prosciutti, conserve, pane artigianale), ottenuti combinando i primi due gruppi.
- Alimenti ultra-processati (es. snack confezionati, merendine, bevande zuccherate, piatti pronti), caratterizzati da additivi, conservanti e basso valore nutrizionale.
I Rischi per la Salute
Numerosi studi collegano il consumo di UPF a fattori di rischio per malattie croniche, come l’aumento di peso e l’obesità. Inoltre, sono associati al rischio di malattie cardiometaboliche e ad alcuni tipi di cancro. Un consumo frequente (quotidiano) di UPF è correlato a ben 32 patologie, tra cui obesità, diabete e malattie cardiovascolari. È importante notare che questi prodotti possono contenere sostanze cancerogene o contaminanti provenienti dai materiali di imballaggio.
La Sfida della Misurazione e un Nuovo Studio
La maggior parte degli studi sul consumo di UPF si basa su sistemi di classificazione come Nova. Tuttavia, una classificazione accurata con Nova richiede informazioni dettagliate sulle fonti alimentari, i metodi di lavorazione e gli ingredienti, informazioni che gli strumenti di valutazione dietetica non sempre catturano in modo completo, generando preoccupazioni di errata classificazione.
Per superare queste difficoltà, un nuovo studio pubblicato su Plos Medicine ha cercato un modo oggettivo per misurare quanto cibo spazzatura mangiamo. L’obiettivo principale era identificare molecole (metaboliti) nel sangue e nelle urine associate all’assunzione di UPF e sviluppare punteggi di polimetaboliti predittivi di tale assunzione.
I Risultati dello Studio
I ricercatori hanno analizzato campioni di sangue e urina di 718 anziani insieme ai loro richiami alimentari. Hanno scoperto che centinaia di metaboliti nel sangue e nelle urine erano associati alla percentuale di energia assunta dai cibi ultra-processati. Hanno quindi creato dei “punteggi di polimetaboliti” utilizzando 28 metaboliti nel sangue o 33 nelle urine, che sono risultati predittivi dell’assunzione di UPF. Questi punteggi sono stati convalidati in uno studio controllato, dimostrando di poter distinguere diete ad alto contenuto di UPF da diete senza di essi.
Tra i metaboliti identificati, tre in particolare (N6-carbossimetillisina, S-metilcisteina-solfossido e acido pentoico) si sono confermati marcatori stabili e significativi dell’assunzione di UPF.
Un aspetto particolarmente interessante è stata la rilevazione del levoglucosano nelle urine, una sostanza usata nei materiali di imballaggio derivati dalla cellulosa. La sua presenza suggerisce che il consumo di cibi preimballati potrebbe esporre i consumatori a sostanze provenienti dal packaging, un elemento spesso sottovalutato. La presenza di una molecola tossica nelle urine è prova di esposizione e assorbimento, un segnale da non trascurare.
Prospettive Future
Questi risultati potrebbero servire come misure oggettive dell’assunzione di cibi ultra-processati in ampi studi di popolazione, integrando o riducendo la dipendenza dai dati dietetici auto-riportati. Inoltre, potrebbero fornire nuove informazioni sul ruolo degli UPF nella salute umana. In futuro, sarà cruciale validare questi promettenti biomarcatori per migliorare la previsione del rischio di sviluppare malattie croniche legate al consumo abituale di UPF.