Diagnosticare il tumore della prostata con un semplice test delle urine? Non ci siamo ancora, ma l’obiettivo (quanto mai ambizioso) oggi appare un po’ più vicino. Grazie all’intelligenza artificiale (IA), un gruppo internazionale di ricercatori – del Karolinska Institutet (Svezia), dell’Imperial College London (Regno Unito) e dello Xiyuan Hospital dell’Accademia cinese di Medicina di Pechino – ha infatti individuato nuovi biomarcatori nelle urine che promettono di poter indicare con elevata affidabilità e precisione la presenza di un cancro della prostata anche in stadio iniziale. I risultati del loro studio, che ha applicato l’IA alle analisi dell’attività dei geni nel carcinoma prostatico, sono riportati su Cancer Research.

Il tumore della prostata e il Psa
Quello della prostata è il tumore più frequente nella popolazione maschile, con 40.194 diagnosi stimate nel 2024. Grazie agli avanzamenti della ricerca, la sopravvivenza è oggi molto elevata, ma ancora non esiste un esame unico, semplice e non invasivo, per lo screening della popolazione sana, e questo perché non esiste un marcatore univoco della presenza del tumore.

L’esame più utilizzato è il dosaggio del Psa (Antigene prostatico specifico) nel sangue: l’innalzamento dei valori del Psa può essere legato a un tumore della prostata, ma può dipendere anche da altre condizioni benigne, infiammazioni e infezioni. Inoltre da quando è stato introdotto ha concorso ad aumentare significativamente le sovradiagnosi, ossia il numero di tumori “indolenti”, a crescita lenta, che non rappresentano un reale pericolo per la vita dei pazienti. I limiti e gli svantaggi sono quindi troppi rispetto ai benefici per poterlo adottare come singolo test di screening. Attualmente sono in sviluppo altri test sulle urine proprio per cercare di distinguere i tumori aggressivi da quelli indolenti.

Come sono stati individuati i nuovi biomarcatori
Analizzando l’Rna messaggero (mRna) di tutti i geni nelle cellule tumorali di migliaia di pazienti con carcinoma della prostata, i ricercatori hanno costruito dei modelli digitali delle malattia che sono stati poi analizzati tramite programmi basati su IA al fine di individuare delle proteine che potessero essere utilizzate come biomarcatori.

Tali proteine sono state poi ricercate in campioni di sangue, di urine e di tessuto prostatico di altri duemila pazienti. In questo modo si è arrivati a identificare quelle presenti nelle urine e direttamente e univocamente correlate alla presenza e allo stadio dei tumori. Secondo i modelli di Mikael Benson del Karolinska Institutet e colleghi, la loro affidabilità come biomarcatori sarebbe superiore a quella del Psa. Il che però, è importante sottolinearlo, deve ancora essere provato sul campo.

I prossimi studi per validare il test
Questo sarà infatti l’obiettivo della prossima fase della ricerca, che prevede ampi trial clinici. Uno sarà condotto da Rakesh Heer dell’Imperial College London, co-autore dello studio e a capo del Transform Trial, uno studio a livello nazionale nel Regno Unito che mette a disposizione una piattaforma per testare nuovi promettenti biomarcatori.

Fonte: Repubblica Salute