Quando si scopre di essere incinta uno dei primi esami che viene fatto è quello del sangue con l’individuazione del gruppo sanguigno e del fattore Rh: serve per valutare la possibilità che il feto erediti il gruppo sanguigno del padre – quando questo sia diverso da quello della madre – e intervenire nel modo giusto per evitare che l’organismo materno identifichi come estranei, attaccare e distruggere i globuli rossi del feto attraverso la produzione di appositi anticorpi detti anticorpi anti-D.

Il problema dell’incompatibilità materno-fetale non riguarda la prima gravidanza bensì quelle successive. Per questo viene effettuata di routine una profilassi anti-D nelle donne RH negative alla prima gravidanza e una profillassi con immunoglobuline anti RhD post-partum nelle donne RH negative che hanno già partorito un figlio RH positivo entro 72 ore dal parto, quando è massima la probabilità di un contatto tra il sangue materno e quello del feto.

L’immunoglobulina anti-D (Rh) è un anticorpo che inibisce il fattore Rh tipo D. Viene utilizzata, in gravidanza e dopo il parto, per prevenire la formazione di anticorpi quando la madre ha sangue Rh-negativo e il bambino è Rh-positivo.

Esistono 4 diversi gruppi sanguigni (A, B, AB e O) ed esiste anche un antigene chiamato fattore Rh. Se il fattore Rh è presente sei Rh positivo, in caso contrario sei Rh negativo.

Solo circa 15 persone su 100 sono Rh negative. Essere Rh negativi non ha alcun effetto sulla salute generale, ma può causare problemi durante la gravidanza.

Se sei Rh negativo, il tuo corpo produce anticorpi nel caso in cui entri in contatto con sangue Rh positivo: se il bambino ha un gruppo sanguigno con fattore Rh positivo (perché il padre è positivo) durante la gravidanza il suo sangue può entrare in contatto con il tuo e portare alla formazione di anticorpi.

Il sistema immunitario della madre Rh negativo, quindi, vede i globuli rossi Rh positivi del bambino come estranei e risponde producendo anticorpi per combattere e distruggere queste cellule estranee causando la cosiddetta malattia emolitica del neonato.

Si tratta una condizione del sangue dei neonati causata dalla presenza nel sangue materno di anticorpi di tipo Igm (comunemente anti-RhD) che, attraverso la placenta, si dirigono contro gli antigeni gruppo-ematici fetali, ereditati dal padre.

  • bassa emoglobina che causa anemia
  • tossine nel sangue che causano ittero
  • danno cerebrale
  • morte

Nella prima gravidanza capita spesso che la madre si sensibilizzi al fattore Rh, cioè gli anticorpi vengono immagazzinati e potrebbero scatenare la malattia emolitica nel neonato nella seconda gravidanza, con bambino con Rh positivo. Ed è per questo che viene effettuata una immunoprofilassi in gravidanza – da  26 a 28 settimane – e al momento del parto se il bambino è Rh positivo.

Le linee guida della gravidanza fisiologica dell’Istituto Superiore di Sanità raccomandano l’esecuzione di immunoprofilassi anti-Rh (D) di routine a tutte le donne Rh negative a 28 settimane di gravidanza.

Le linee guida raccomandano di somministrare una dose di Ig anti-D a tutte le donne RhD negative non immunizzate che hanno partorito un neonato RhD positivo, entro 72 ore dal parto, con un’iniezione intramuscolare. Se le Ig anti-D non vengono somministrate entro 72 ore, esse devono essere somministrate il prima possibile (fino a 10 giorni dopo).

La maggior parte delle persone che ricevono l’immunoprofilassi non hanno effetti collaterali. Raramente, possono presentarsi:

  • dolore al sito di iniezione
  • febbre (temperatura superiore a 38,5 °C)
  • sensazione di debolezza e malessere (malessere)
  • mal di testa
  • una reazione allergica (come l’orticaria) che di solito non è grave e scompare rapidamente.

 

Da Pianetamamma.it