Siamo solo all’inizio. E la strada sarà ancora lunga e irta di difficoltà. Ma fanno davvero sperare i risultati di uno studio sperimentale che ha dimostrato come un trattamento con CAR-T, del tutto simile a quello che si impiega nel trattamento di alcune patologie ematologiche ed oncologiche, potrebbe diventare una sorta di “anti-placca” per le arterie, con conseguente diminuzione del rischio di infarti ed ictus. Grazie all’azione su una molecola infiammatoria, specifiche cellule pacificatrici, i linfociti Treg (protagonisti della ricerca dei premi Nobel per la Medicina del 2025), potrebbero diventare strumenti fondamentali nella prevenzione delle lesioni aterosclerotiche, ovviamente nei soggetti ad alto rischio che non trovano risposte nelle terapie disponibili. Pensate: nei test sui topi, le cellule CAR-T sperimentali hanno bloccato l’infiammazione nelle arterie, prevenendo oltre due terzi dell’accumulo di placca osservato nei controlli non trattati. Lo studio che lo dimostra è stato condotto da esperti della Perelman School of Medicine dell’Università della Pennsylvania, coordinati da Avery Posey, ed è stato pubblicato su Circulation.

Azione mirata sull’infiammazione

Gli esperti hanno progettato un particolare sistema di CAR-T con i linfociti Treg attivi sulle LDL ossidate (OxLDL), ovvero quelle lipoproteine trasportatrici che alimentano l’infiammazione e determinano l’accumulo di placche nell’aterosclerosi. Si tratta di una molecola proinfiammatoria, che in qualche modo innesca l’infiammazione, come commenta il primo autore dello studio Robert Schwab: “l’ipotesi di lavoro è che, se riuscissimo a far sì che il sistema immunitario “vedesse” l’OxLDL e provocasse una risposta antinfiammatoria, si potrebbe ridurre l’infiammazione e quindi arrestare arresterebbe la patogenesi sul nascere”.

I primi test in vitro con cellule umane hanno confermato che i CAR-Treg anti-OxLDL sopprimono l’infiammazione riducendo notevolmente l’accumulo di cellule che sono una caratteristica centrale delle placche aterosclerotiche. Ma soprattutto, testando l’approccio sui topi geneticamente predisposti al colesterolo alto e all’aterosclerosi, dopo quasi tre mesi di trattamento il cuore e l’aorta dei topi trattati hanno mostrato un carico di placca aterosclerotica inferiore di circa il 70% rispetto ai topi di controllo, indicando un chiaro effetto preventivo dei CAR-Treg. Il tutto, senza alterazioni della funzione immunitaria generale nei topi trattati.

Il ruolo delle cellule da Nobel

Qualcuno le ha chiamate cellule “pacificatrici”. Altri le hanno definite sentinelle. Quale che sia la metafora che prova a spiegare la realtà e la complessità biologica delle cellule Treg, così chiamate per la loro funzione regolatrice, di certo sono importanti. la loro presenza nell’organismo consente di spiegare un importante meccanismo di riconoscimento del self (cioè del proprio) e, oltre ad aprire la strada alla comprensione delle malattie autoimmuni, consente di cogliere prospettive affascinanti nella sfida ai tumori e al rigetto dopo trapianto. Ed ora, con questo studio, pur se lontano nel tempo dalla prima scoperta, il Nobel per la Medicina e la Fisiologia a Shimon SakaguchiMary E. Brunkow e Fred Ramsdell diventa motivo di speranza anche nella prevenzione delle cardiovasculopatie.

Speranze per il futuro

Come detto siamo solo all’inizio. Ma come rivela Avery Posey, “la scoperta preclinica rappresenta un importante passo avanti per continuare a estendere l’impatto della terapia con cellule CAR-T a malattie comuni oltre al cancro”. La speranza, insomma, è che l’immunoterapia anti-placca possa davvero cambiare le carte in tavola per chi, (soprattutto per motivi genetici) non riesce ad arrivare agli obiettivi target di colesterolo pur essendo ad altissimo rischio infarto. Come segnala nella nota uno degli autori, Daniel J. Rader, “l’uso di un approccio CAR-T per colpire la molecola proinfiammatoria oxLDL potrebbe fornire un importante approccio terapeutico complementare per ridurre l’elevato rischio residuo di malattie cardiovascolari aterosclerotiche nei pazienti sottoposti a una terapia ipocolesterolemizzante efficace”.

Cosa potrebbe cambiare

“L’efficacia dell’utilizzo di CAR-T contro il colesterolo LDL ossidato, dimostrando sperimentalmente nell’animale una marcata riduzione della formazione della placca aterosclerotica, apre una serie di potenziali prospettive di rilevanza clinica, anche al di là del contesto specifico testato nello studio, cioè la presenza di severa dislipidemia su base familiare – segnala Giuseppe Patti, Ordinario di Malattie dell’Apparato Cardiovascolare e Direttore della Cattedra di Cardiologja dell’Università del Piemonte Orientale, oltre che Direttore del Dipartimento Toraco-Cardio-Vascolare – Ospedale Maggiore della Carità di Novara”. In primo luogo, occorre considerare in prospettiva il teorico abbattimento del rischio residuo in pazienti che hanno eventi cardiovascolari ricorrenti, nonostante un adeguato controllo dei cosiddetti fattori di rischio “tradizionali”. Non solo. In teoria con questa immunoterapia si può sperare di far “retrocedere” lesioni già presenti. “Visto che il trattamento è focalizzato sulla neutralizzazione del ruolo pro-infiammatorio del colesterolo LDL ossidato, cioè della molecola che rappresenta l’agente causale più importante per la formazione e la progressione delle placche aterosclerotiche, si possono aprire possibili scenari anche in termine di “regressione” di placche aterosclerotiche già formatesi – conclude Patti”.

 

Fonte: La Repubblica Salute