Nel diabete di tipo 2, l’alterazione del metabolismo degli zuccheri dipende da una predisposizione genetica ma soprattutto da cattive abitudini come sedentarietà, dieta sbagliata, fumo.

Modificare lo stile di vita è perciò il primo e più importante passo da fare per intervenire e gestire la malattia, impedendo che inneschi i meccanismi di «invecchiamento anticipato» connessi all’iperglicemia.

Cervello e vasi
Tutto l’organismo invecchia a velocità più elevata sotto i colpi dell’eccesso di zucchero nel sangue. Come spiega Raffaella Buzzetti, presidente Sid, «gli organi che più ne risentono sono il cervello e i vasi sanguigni, che sono alterati e provocano perciò conseguenze negative in tutti gli organi e tessuti. Per esempio ai reni, che a causa dei danni ai capillari sono meno efficienti nel filtrare il sangue e pian piano vanno incontro a microalbuminuria (nelle urine compaiono proteine che non dovrebbero esserci perché la funzione renale è deteriorata, ndr) e poi insufficienza renale; oppure agli occhi, che per le alterazioni dei capillari della retina vanno incontro alla retinopatia diabetica perfino prima della mezza età; o, ancora, al fegato, che per colpa della glicemia alta accumula grasso e sviluppa steatosi. L’eccesso di glucosio favorisce l’osteoporosi, danneggia le articolazioni: è un problema sistemico, nulla viene risparmiato».

Nervi e malattie degenerative
Se la glicemia non viene controllata grazie al cambiamento dello stile di vita e ai farmaci, invecchia prima anche l’apparato riproduttivo: gli esperti Sid hanno sottolineato che il «diabetageing» non risparmia fertilità e funzione sessuale, con disfunzioni sessuali più frequenti negli uomini e irregolarità mestruali nelle donne, anche da giovani.
I nervi di chi ha il diabete funzionano peggio (e così per esempio l’udito cala anzitempo) e i muscoli sono meno sensibili all’insulina, che è un ormone anabolico, capace di «costruire» muscolo oltre che di fargli utilizzare al meglio il glucosio: il risultato è che la muscolatura si indebolisce e rimpicciolisce, come accade agli anziani, fin da giovani.

Demenze
Non solo: per colpa dell’iperglicemia cronica e dell’infiammazione costante, un diabete non ben controllato contribuisce allo sviluppo di malattie degenerative che peggiorano la qualità di vita e che sono causa di mortalità prematura come insufficienza renale cronica e demenze, e pure tumori, infarti e ictus.

I primi segni di deterioramento cognitivo interessano un over 65 su cinque e, fra questi, uno su tre sviluppa una forma conclamata di demenza entro i 5 anni successivi. Ma il declino è molto più veloce in chi ha il diabete e gli esperti Sid hanno sottolineato che in presenza della malattia il rischio di Alzheimer aumenta del 50-100% e quello di demenza vascolare del 100-150%.

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Il glucosio è la «benzina» indispensabile al cervello e l’insulina nel sistema nervoso centrale agisce come neuromodulatore e come fattore che porta nutrimento ai neuroni; così l’insulino-resistenza tipica del pre-diabete e del diabete di tipo 2 ha conseguenze cerebrali, perché, come specifica Raffaella Buzzetti, «un cervello meno sensibile all’insulina ha un metabolismo rallentato e ciò può peggiorare le connessioni fra neuroni e favorire il declino; a questo si aggiungono l’aumento del pericolo di attacchi ischemici transitori o ictus, che è dovuto alle alterazioni dei vasi cerebrali connesse al diabete e che influenza in negativo la probabilità di malattie neurodegenerative. Inoltre, è stato dimostrato che la glicemia alta nel cervello ha effetti negativi sull’alfa-sinucleina, una proteina connessa al Parkinson, che infatti è più frequente in chi ha il diabete; inoltre favorisce l’aumento delle proteine beta-amiloide e Tau, implicate nella comparsa dell’Alzheimer. Malattia che fra l’altro è stata chiamata “diabete di tipo 3” perché, anche se la persona con Alzheimer non ha diabete, il cervello ha tipicamente una minor capacità di utilizzare il glucosio e questo porta a deficit neuronali».

Nel cervello di chi ha il diabete ci sono più radicali liberi e un maggior stress ossidativo, si formano più sostanze tossiche per i neuroni che portano a un’infiammazione blanda ma persistente; la buona notizia è che un buon controllo della glicemia aiuta a contenere i danni e inoltre, come spiega Carla Greco coordinatrice Gruppo Giovani Sid, «nuovi studi hanno evidenziato che gli analoghi di Glp-1 potenziano la formazione di nuovi neuroni, ne contrastano la morte e proteggono dallo stress ossidativo».

L’unico modo per evitare di invecchiare troppo in fretta per colpa del diabete è quindi diagnosticarlo in tempo e intervenire nel modo più corretto, per gestirlo e riportare nei limiti la glicemia.

Ma intorno a questa malattia ci sono ancora troppi preconcetti e idee sbagliate che possono impattare sulla possibilità di curarsi al meglio, come ha dimostrato la recente iniziativa «Oltre il pregiudizio» per la quale è stata condotta un’indagine su oltre 2.600 persone con diabete in otto Paesi, Italia compresa. I risultati dimostrano che per il 70% esiste uno stigma associato al diabete, così per esempio il 40% si è sentito fare battute sulla propria malattia, il 25% per vergogna non ne parla con familiari e amici, ma soprattutto il 49% ha saltato le visite mediche proprio per lo stigma che circonda il diabete, finendo per curarsi peggio di quanto sarebbe possibile ed esponendosi così alle conseguenze negative della malattia.

 

Fonte: Corriere.it